burro682 ha scritto:Ciao Mauro,
ti ringrazio anch'io per il tuo interessantissimo post.
Ti chiedo però un chiarimento sui pesi utilizzati per il calcolo della volatilità ponderata: se ben ricordo Antonio nel suo libro consigliava il calcolo della volatilità media ponderata utilizzando i volumi scambiati, mentre mi è sembrato di capire che tu utilizzi gli OI.
I volumi scambiati mi rappresentano l'interesse che il mercato, in un determinato giorno, ha mostrato per un determinato strike, e pertanto mi sembrano un buon "peso" per il calcolo della volatilità media ponderata, mentre gli OI (e gli OI ponderati) sono un buon indicatore dei livelli importanti per la strategia mensile.
Qual'è la ragione che ti ha spinto ad utilizzare gli OI per la ponderazione della volatilità ?
burro682
Salve burro682, ti ringrazio per la domanda e per le parole espresse per il post.
Dunque, la risposta che chiedi, in realtà, non è di quelle di tipo "immediato". Cercherò di spiegarmi al meglio.
Diciamo subito che la volatilità implicita ponderata può essere calcolata usando pesi il cui calcolo può essere eseguito sulla base di criteri anche molto differenti tra loro (come peraltro accennavo nel post di ieri, 17/06/2013, delle 19:25
Affrontiamo ora il calcolo della volatilità implicita ponderata. Ma ponderata con cosa? Ponderata con i volumi (in particolare con quelli che formano open interest). Già, perchè la ponderazione potrebbe essere fatta anche con altro, ad esempio con il vega. Ma andiamo per ordine
).
Quando si calcola una media pesata l'obiettivo è quello di evidenziare un rappresentante dell'insieme delle osservazioni che sia, per così dire, "ancor più rappresentativo" della semplice media aritmetica. Ed ecco, allora, che ad osservazioni ritenute più significative di altre si attribuisce un'importanza maggiore (leggi peso maggiore).
Ora, nel caso della volatilità, un criterio molto diffuso (che usa anche AZ13) è quello di pesare le singole osservazioni con i volumi della giornata. In tal modo si vuole attribuire maggiore importanza alle opzioni più scambiate.
Un altro criterio (se ci sarà modo lo tratteremo nel prosieguo) è quello di attribuire un peso proporzionalmente inverso alla distanza tra strike e valore corrente del sottostante. In questo modo, invece, si vuole dare più importanza alle volatilità implicite espresse da quelle opzioni i cui strike si più vicini all'atm. E, nel contempo, si cerca di escludere dal calcolo della volatilità implicita ponderata quelle opzioni generalmente indicate con il termine outlier (ma anche ditm e dotm).
Un altro criterio è quello di impiegare, nel calcolo del peso, l'informazione derivante dalla greca vega (che, ricordo, misura la sensibilità di un'opzione al variare della volatilità implicita ed ha un andamento, rispetto al variare dello strike, ad U rovesciata; in sostanza il vega è massimo per le opzioni atm e decresce all'allontanarsi dallo strike).
Un altro criterio è quello che ho proposto qui, in questo thread, e che esegue il calcolo del peso di ciascuna volatilità implicita sulla base dell'OI. In tal modo si vuole attribuire maggiore importanza a quegli strike che gli istituzionali ritengono così importanti da detenerli nei propri portafogli.
Esistono, poi, altre misure di volatilità implicita ponderata. Quella del Vix ad esempio, anche detto il "termometro della paura", o degli europei - più recenti - VDax e VStox.
Come si può notare, anche andando a studiare la copiosa serie di
papers sull'argomento, non vi è convergenza sulla metodologia più adeguata per il calcolo della volatilità implicita ponderata, anche a livello di comunità scientifica internazionale.
Esiste poi un'altra argomentazione che occorre portare alla luce della discussione e che potremmo riassumere nella domanda:
Ma qual'è la metodologia più profittevole?Ebbene, a mio avviso, nessuna più di altre. Nel senso che, prima di operare, occorrerebbe costruirsi un piano di trading che preveda, fra le tante altre cose, anche quella di misurare la robustezza statistica di un trading system (come lo è la metodologia Garcia). Verificare, poi, se questa robustezza varia al variare del tipo di mercato (magari va bene per il FTSE Mib e non per il Bund, per esempio).
E poi imporsi delle regole, nella propria operatività, che abbiano principalmente il compito di salvaguardare il proprio capitale di rischio (ma anche quello psicologico!). E, aggiungo, di non passare - in modo ballerino - da una metodologia di trading ad un'altra; ma di utilizzare sempre la stessa (modificandola, se del caso, solo dopo aver eseguito ulteriori misure statistiche di robustezza).
Insomma, la metafora che a me piace evocare per delineare la figura del trader è quella dell'artigiano. Il buon artigiano (falegname, fabbro, carpentiere, ...) è colui che conosce bene il suo mestiere, sa cosa fare in ogni situazione, sa quali arnesi usare e, soprattutto, come usarli. Ne conosce pregi e limiti. E si comporta di conseguenza.
L'artigiano eccellente, aggiungo, è colui che quando per un determinato lavoro non ha l'arnese giusto se lo realizza. Lo costruisce e lo fa proprio come serve a lui.
Ecco, il trader dovrebbe ispirarsi a questa immagine. Antonio ci ha dimostrato, ormai in una moltitudine di occasioni, di non essere solo un buon trader; ma di essere un trader eccellente. Quando gli occorre uno strumento che fa? Se esiste sul mercato lo prende da lì. Altrimenti se lo costruisce. Ed è quello che fa con quei meravigliosi fogli excel.
E' questo, secondo la mia modesta opinione, il principale insegnamento che con passione (e pazienza) sta cercando di trasmettere in questo forum.
Mi spiace essermi dilungato ma, come avevo anticipato, la tua domanda - della quale ti ringrazio ancora per gli spunti offerti
- lo richiedeva.