STRATEGIE STATICHE e DINAMICHE

La prima cosa che mi ha affascinato del mondo delle opzioni quando ho cominciato a maneggiarle (allora ero molto più giovane… gulp! ) è stata quella di possedere una distribuzione assolutamente “asimmetrica” delle probabilità: a un rischio rigidamente limitato si contrappone una probabilità assolutamente “concreta” di realizzare un guadagno pressoché illimitato o comunque molto elevato. Avevo scoperto uno strumento che incorporava uno stop loss implicito.

Tanto per fare un esempio: se io punto su un ribasso dell’indice Ftse Mib comprando una specifica opzione Put che vale, al momento dell’acquisto, 100 punti, e invece il mercato subisce un rialzo di 3.000 punti, io comunque non rischierò di perdere niente più che i 100 punti pagati per l’acquisto (100% del capitale investito); ma nella condizione simmetricamente opposta, ossia un ribasso di 3.000 punti - che in linea teorica ha grosso modo la stessa probabilità di verificarsi - io posso trovarmi facilmente a guadagnare anche 1.000 (500%), o 2.000 (1.000%) o addirittura tutti i 3.000 (1.500%) punti. Ecco! Questo è il potere delle opzioni...

E tutto ciò in una situazione statisticamente tutt'altro che improbabile o – men che meno - rara se paragonata alla volatilità prezzata dal mercato in questo momento. Si tratta in fondo di una variazione del 7 – 8 % che l'indice può tranquillamente fare nel giro di pochi giorni…

In pratica, a differenza di strumenti lineari, il “rischio” di guadagnare una certa somma con le opzioni non è controbilanciata dall’equivalente rischio di perdere la stessa somma nella situazione simmetricamente opposta.

Immaginiamo il seguente problema: per quale scelta optereste?

a) una vincita certa di 800 euro
b) 85% di probabilità di vincere 1.000 euro e 15% di probabilità di non vincere nulla

La maggior parte delle persone cui viene sottoposto questo problema tende a optare per la scelta a, confermando così una tendenza ad attribuire maggior valore alla certezza “effetto certezza”. Le persone preferiscono una cosa “certa” anche quando il valore atteso della scelta scartata è più alto come in questo caso, denunciando così un’avversione al rischio.

A tutti, diciamolo… l’ignoto mette un po’ di ansia, mentre la certezza, si sa, ci fa stare molto, ma molto più tranquilli.

Il test precedente ci fa capire come molte persone tendono a scegliere per natura investimenti prudenti e virtuosi “accontentarsi” di percentuali di guadagno irrisorie. Beninteso, anch’io mi comporterei in questo modo se il problema fosse quello di stabilire se è più facile guadagnare il 1% del capitale acquistando un’obbligazione oppure un’opzione ormai prossima alla scadenza, normalmente non avrei esitazioni a privilegiare la prima ipotesi.

Ma se l’obiettivo fosse quello di guadagnare percentuali più rilevanti, l’ipotesi delle obbligazioni sarebbe da scartare immediatamente, mentre quella dell’opzione diventerebbe estremamente appetibile. Tanto più che nel primo caso per puntare a un guadagno di pochi punti percentuali occorre mettere in gioco una cifra rilevante e un rischio non quantificabile (chi potrebbe escludere la possibilità di una perdita anche sostanzialmente superiore rispetto all’obiettivo di profitto?).

Rischiare tanto per guadagnare poco non è solitamente una buona idea, anche se la probabilità di realizzare l’obiettivo è superiore (ci mancherebbe altro…) rispetto a quella di chi punta a guadagnare tanto rischiando poco.

Questo lo sanno benissimo i bookmaker che sfruttano “l'effetto certezza” attribuendo quote svantaggiose a eventi probabili.

Poniamo che il nostro obiettivo sia quello di conseguire un utile mensile equiparabile a uno stipendio medio, per esempio un guadagno di 2.000€ circa.

Qual è lo strumento finanziario migliore per ottenerlo?

Ora, per rispondere a questa domanda dobbiamo valutare la giusta proporzione fra capitale, obiettivo e probabilità.

Per guadagnare 2.000€ tramite l’investimento in azioni occorrerebbe impegnare - e mettere a rischio – la bellezza di 100.000€, senza che nessuno possa ragionevolmente escludere la possibilità di una perdita anche molto superiore a quella dell’obiettivo; per contro, puntare sempre ai 2.000€ mediante l’acquisto delle opzioni a mio avviso è, non solo più facile, ma il rischio di perdere un capitale pari all’obiettivo risulta enormemente minore dal punto di vista relativo.

C’è da dire – tuttavia – che ciò che appare molto vantaggioso solitamente nasconde delle insidie e l’insidia maggiore per chi compra opzioni è il time decay. Mi spiego.

Comprare un’opzione significa sostanzialmente acquisire un “diritto”, una “facoltà” e non già un “dovere” o un “obbligo” demandato al venditore attraverso il pagamento di un premio. Da quel momento in poi dobbiamo solo aspettare che il sottostante prenda la direzione giusta. Se abbiamo acquistato una Call ci aspetteremo un movimento del sottostante a rialzo, al contrario, nel caso dell’acquisto di una Put, faremo il tifo per un ribasso. Se però il movimento che ci attendiamo non dovesse accadere nei tempi sperati rischieremmo di ritrovarci a scadenza con il classico cerino “acceso” in mano, perché le opzioni hanno una scadenza e perdono di valore al passare del tempo.

Ciao Antonio, io ho effettuato la registrazione ma adesso come completo l'iscrizione? Quando si effettua il pagamento, etc.