07/06/2019, 8:41
C’è stato un corto circuito comunicativo
Quando prende la parola Mario Draghi, ogni operatore di mercato non può fare a meno di sintonizzarsi. Ieri la riconosciuta abilità oratoria dimostrata dal presidente della Bce ha però fatto cilecca. Eppure il messaggio ha aperto la strada a una politica monetaria più accomodante da parte della BCE, come quello di garantire che i tassi dell’area resteranno su questi livelli almeno fino alla metà del prossimo anno, e allora perché è stato letto in maniera diametralmente opposta dai mercati che hanno terminato in ordine sparso non lontane dalla parità (+0,11% per Piazza Affari) e ben al di sotto dei massimi di giornata?
La ragione è molto semplice: allungando di qualche mese il periodo durante il quale i tassi sono destinati a restare invariati al livello attuale, questa volta il board Bce non ha soltanto escluso rialzi (come si poteva pensare fino a qualche mese fa), ma ha tolto dall'orizzonte anche eventuali riduzioni del costo del denaro.
E a pensarci bene, queste ultime non sono infatti più così tanto fuori luogo visto l’andamento delle aspettative sull’inflazione a medio termine che nell’Eurozona sta nuovamente scendendo con rapidità (dal 1,7% annuale di aprile al 1,29% di maggio, mai così basse dal 2016), allontanandosi dall'obiettivo BCE del 2%, mai raggiunto e considerando anche la tendenza in atto fra le altre Banche centrali mondiali a seguire questa strada, Federal Reserve in primo piano.
Meno si rischia più si guadagna ...