ELEMENTI DI TEORIA DEL PORTAFOGLIO

La genesi della moderna teoria del portafoglio risale agli anni cinquanta, con il lavoro pionieristico di Harry Markowitz sull'ottimizzazione del portafoglio a media-varianza che rappresenta oggi la tecnica principale utilizzata dagli hedge fund e dai fondi pensione per la diversificazione del portafoglio.

Punto di partenza - al fine di ottenere un portafoglio azionario costituito dalla miglior distribuzione possibile dei titoli considerati - è dato dal concetto di diversificazione attraverso il quale è possibile scegliere dei titoli tra loro non correlati. Questo cosa implica in linea generale? Comporta che se uno di essi dovesse riscontrare un rendimento inferiore rispetto a quanto preventivamente atteso, si compenserà con un rendimento superiore rispetto alle previsioni di un altro titolo presente nella lista dei titoli considerati.

In sostanza accanto a titoli che scendono ce ne sono altri che salgono più dovuto.

Tale analisi viene poi conclusa mettendo in relazione i rendimenti degli investimenti considerati con il relativo rischio verificando che per ogni valore di rischio valutato esiste un valore massimo possibile di rendimento.

Il passo successivo consiste nel mettere in relazione ciascun rendimento degli investimenti considerati con il relativo rischio considerando che per ogni valore di rischio esiste un valore massimo possibile di rendimento.

Il processo di selezione di un generico portafoglio avviene in due fasi:

• La prima fase si basa sull'analisi dei rendimenti storici dei titoli selezionati che saranno utilizzati per ottenere stime sulla performance futura degli stessi. Naturalmente qui facciamo una ipotesi molto forte e cioè assumiamo che i rendimenti passati possano fornire buone indicazioni sul comportamento dei rendimenti futuri.
  
  
• La seconda fase consiste nello scegliere la miglior combinazione di portafoglio possibile.

Andiamo subito con un esempio concreto.

Supponiamo che un risparmiatore fai da te, decida di investire parte dei propri risparmi su due soli titoli che per semplicità chiameremo A e B (naturalmente l’investimento potrebbe essere effettuato utilizzando anche altre attività oltre alle semplici azioni, per esempio obbligazioni, commodities, immobili ecc.).
Il risparmiatore deve decidere quanto denaro investire nel titola A e quanto in quello B.

Per esempio potrebbe decidere di dividere a metà il capitale a disposizione in modo da distribuire equamente la somma fra i due titoli A e B.
Vedremo successivamente che questa non è la soluzione migliore dal punto di vista del rapporto rischio rendimento.

Perciò, in questo caso, indicando con Xa la quota investita sul titolo A e con e con Xb la quota investita sul titolo B, vale la seguente relazione:

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Cioè tutto il capitale a disposizione è stato investito nelle due azioni: metà sull'azione A e metà sull'azione B.

Qual è il rendimento di questo portafoglio?

Il rendimento di questo portafoglio si calcola con la seguente formula:

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Supponiamo di disporre di dati mensili, relativi ad un anno (12 dati), per le nostre due azioni: l'azione A e l'azione B.

Questi dati forniscono il prezzo di chiusura, di ogni azione, alla fine di ogni mese. Il prezzo relativo al mese 0 è il prezzo iniziale dell'azione (cioè, il prezzo di chiusura alla fine del mese che precede il mese 1). Adesso, calcoliamoci i rendimenti e le relative statistiche per ogni azione.

La prima cosa da fare è quella di calcolarci il rendimento mensile di ogni azione ossia il rendimento percentuale che percepirebbe un investitore se comprasse le azioni alla fine di un particolare mese (t-1) e le vendesse alla fine del mese successivo.
La formula utilizzata è quella del rendimento composto continuo del titolo.

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In questo esempio non stiamo considerando i dividendi. È chiaro che se l'azione avesse pagato un dividendo nel mese t, il rendimento totale sarebbe stato:

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Nella figura sottostante sono evidenziati i rendimenti mensili dei titoli A e B calcolati con la formula appena vista.

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Ora - come detto - facciamo un'assunzione abbastanza forte: ipotizziamo cioè che i rendimenti relativi ai 12 mesi considerati rappresentino la distribuzione dei rendimenti per i mesi successivi. In sostanza stiamo assumendo che il passato ci possa fornire in qualche modo delle buone informazioni sul comportamento dei rendimenti nel futuri.
Questa assunzione ci permette di considerare che la media dei rendimenti nei vari mesi, rappresenti il rendimento atteso mensile di ogni azione e, di conseguenza, ci consente anche di assumere quale sia la varianza dei rendimenti futuri.